piccoli*mostri*ritornanti

i mostri, quelli, ritornano sempre.
ma non crediate che sia male, e non crediate che facciano paura.
almeno non sempre.

a volte i mostri fanno paura solo perche sono rimasti nella testa.

ci sono persone che rimangono mostri per anni,
ne hai paura, ne hai paura non per quello che ti hanno fatto
ma per quello che tu hai fatto loro.

nel mio caso e' la storia di due palline,
due palline a cui un tempo avevo creduto davvero.

ma poi quelle palline mi hanno tradite,
o forse le ho tradite io,
e d'altra parte una di esse ero proprio io.

ho dovuto difendermi, e difendermi pure da me stesso
oltre che da quell'altra pallina impazzita.

ho dovuto difendermi, e ho inventato il mio mostro,
o magari l ho solo aiutato a farsi grande e falso.

eppure lo sapevo.
un giorno ci saremmo rincontrati
e avremmo sorriso amaramente.

in fondo lo hai detto bene tu.

ad ogni modo, ben tornata*
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*tangenZiale

ma non come la tangenziale di Napoli, o che ne so, di Salerno, no.

nel senso di sfiorare, e a volte di superficiale.

a Napoli anche la tangenziale inverte significati:
una tangenziale che perfora anziche tangere la città.

e poi le relazioni, le molteplici relazioni che intessiamo nel mondo.
milioni di relazioni tangenziali. superficiali. 
e poi ci sono quegli sfioramenti che vanno dritti al cuore.

quei momenti tra sconosciuti pieni di eternità.
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s*banalizzando (oppure: ‘ma perchè non vi fate i cazzi vostri?’)

a volte le persone scambiano i pensieri con le preoccupazioni.
è un pò come confondere una pietra di ematite tra le pietre di una spiaggia di ghiaia.

e il fatto che conta è proprio questo: una pietra di ematite non è preziosa,
è grigia in fondo... eppure è cosi bella!
esattamente come certi pensieri,
che a volte sono cosi grezzi e spuri,
eppure quanto sono belli...
e di certo non sono preoccupazioni.

è che in molti casi siamo abituati a semplificare,
che poi spesso vuol dire banalizzare:
a volte sento dire ti amo come due più due quattro...
e non è cosi banale... almeno non cosi tanto.
e alla fine una ruga sulla fronte nel silenzio della musica
diventa il simbolo di una preoccupazione.

e invece no.
quella ruga,
almeno quella,
non è preoccupazione 

ma sono liberi pensieri leggeri.
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*eiyù... koman ou ye?
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